2 giugno, l’intervento della sindaca Frontini alla cerimonia per il 78° anniversario della Festa della Repubblica

3 Giugno 2024

Oggi ci riuniamo per festeggiare la nascita della nostra Repubblica. Momenti di cui dobbiamo fare tesoro perché sono occasioni preziose per riflettere sull’eredità che i nostri padri ci hanno lasciato e su come noi, generazioni successive che hanno raccolto un testimone così significativo, ne coltiviamo i valori animandone, al contempo, l’innovazione. In ognuna di queste occasioni, va colta l’opportunità di condividere, tra istituzioni e con i cittadini di cui siamo al servizio, valutazioni su noi stessi e sul contesto storico e sociale nel quale ci muoviamo come singoli e come comunità.

I singoli. Il 2 giugno 1946 partecipare era l’imperativo. Nella scrittura della nostra Costituzione, la dimensione del singolo come tale e come membro di una comunità è iscritta nei principi fondamentali. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” sancisce l’art. 2 della nostra carta costituzionale. Quel 2 e 3 Giugno 1946 si recò alle urne l’89% degli aventi diritto al voto, praticamente tutti si fecero contagiare dall’entusiasmo di essere parte di un momento epocale della storia della Nazione, tutti diedero valore a quel gesto di esistenza civica che è il gesto di un singolo, ma che contribuisce alla costruzione di un collettivo. Immagino che molti di noi, in questa piazza, avranno visto I’ultimo capolavoro cinematografico di Paola Cortellesi. Un film che è assurto agli onori della cronaca per il sempre, ahinoi, attuale tema della violenza contro le donne ma che in realtà è una dichiarazione d’amore verso la partecipazione civica. Chi tra di noi ha pensato che Delia, la protagonista, potesse utilizzare i propri risparmi faticosamente conquistati per comprarsi la stoffa con cui cucire una camicetta nuova per recarsi alle urne? Tutti, e tutte, abbiamo pensato che la camicetta, il rossetto, la scusa per uscire di casa fossero tutti elementi collegati all’amato in partenza per il nord con il quale scappare da un marito violento. Invece, erano la celebrazione del momento più significativo in cui la volontà del singolo si fa elemento fondativo di una collettività, ossia il voto. Sarebbe da interrogarci molto sul perché, fino a quasi la fine del film, la quasi totalità degli spettatori, io compresa, avessimo immaginato che tutta la preparazione fosse indirizzata ad affrancarsi da un rapporto coniugale malato, ma non è questo il momento. Il fuoco è: camicetta nuova, rossetto e ogni possibile mezzo per guadagnarsi quei preziosi minuti necessari ad esercitare il diritto al voto.

Allora l’Italia usciva dalla guerra, i cittadini sapevano cosa fossero le privazioni. E allora mi chiedo io: ci serve forse un’altra guerra per ritrovare, come cittadini italiani ed europei, l’entusiasmo di partecipare? La risposta deve essere, con forza, ovviamente, no. E allora sta a noi ridare linfa alla partecipazione, essere così forti, così credibili, così attenti agli uomini e alle donne di cui ci prendiamo cura ogni giorni da farli sentire entusiasti di partecipare alla vita democratica del paese. Ma sta anche ad ogni uomo e ad ogni donna sentire il richiamo forte a quei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” a cui la Costituzione ci riporta. A breve saremo di nuovo chiamati a dire la nostra per le elezioni del Parlamento Europeo: il Presidente di Matterella, nel suo messaggio ai Prefetti per questa giornata, ha parlato di una “collettività, inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione Europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità”. E in un momento in cui ai nostri confini c’è davvero la guerra, c’è bisogno di Europa e c’è bisogno di partecipazione affinché non si arrivi al punto di non ritorno nei delicati equilibri internazionali. La sfida perciò è, di nuovo, quasi come per quel 2 Giugno, epocale.

Quindi il 1uolo dei singoli come tali, e il ruolo dei singoli nelle formazioni sociali che ne esplicano la personalità, che ne fanno collettività. Nessuno che da solo può ritenersi un essere compiuto nella sua dimensione sociale, ognuno di noi è legato e può e deve contribuire per la propria parte alla risoluzioni dei problemi che ci circondano. E in questo senso, la serenità e 1′ equili brio di una comunità è fondamentale per permetterle di esprimersi al meglio. Nel riflettere sul significato di queste giornate, si apprende ogni volta qualcosa in più. Ad esempio non tutti sanno che il passaggio dalla monarchia alla Repubblica avvenne in un clima di tensione, tra polemiche sulla regolarità del referendum, accuse di brogli, polemiche sulla stampa, ricorsi e reclami. – il 18 giugno, ben 15 giorni dopo la Corte di Cassazione proclamò la Repubblica. Eppure quella è una parte di narrazione, quella delle polemiche sulla stampa, delle accuse, dei reclami, che non ha fatto storia. I fatti fanno la storia, le eredità di un processo sociale fanno la storia, la sua capacità di resistere alle intemperie e di tenerci ancora qui tutti, massime autorità e cittadini, tutti a celebrarlae a nutrirne la linfa fa la storia. Da qui i governanti di ogni epoca devono desumere la lucidità e la lungimiranza di non farsi irretire né fagocitare in quei 15 giorni, che probabilmente per chi li ha vissuti col fiato sospeso all’epoca sono sembrati eternamente lunghi, ma che per la storia praticamente non sono esistiti.

E allora il nostro ruolo come singoli nelle formazioni sociali è quello di valorizzare questo equili brio e non ascoltare i rumori di fondo di quei 15 giorni, che come tali restano nell’oblio della memoria, ed alimentare invece ogni giorno l’entusiasmo di quel 2 Giugno 1946. Quell’entusiasmo, quel sentimento repubblicano di rispetto delle istituzioni e del valore profondo che esse incarnano che so essere particolarmente radicato nella comunità viterbese che mi onoro di rappresentare. Lo abbiamo dimostrato. Nei momenti più delicati della nostra vita sociale, i viterbesi hanno saputo dare dimostrazione di quanto questa visione sia condivisa ed accettata. Mi riferisco al senso di collaborazione e rispetto con la quale migliaia di persone hanno risposto all’emergenza collegata alle procedure per la messa in sicurezza lo scorso sette maggio del grande ordigno bellico. Lo stesso spirito lo avevamo visto in azione in occasione della mobilitazione di molti volontari a favore delle popolazioni dell’Emilia Romagna colpita dall’alluvione lo scorso anno, ma anche in tante altre circostanze.

Questa è la vera Viterbo, una città, una cittadinanza di cui andare orgogliosi.

Con questo spinto di condivisione, con queste riflessioni, auguro a tutti i viterbesi un buon 2 Giugno. Viva la Repubblica Italiana. Viva l’Italia. Viva Viterbo!

Chiara Frontini
Sindaca di Viterbo

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