Avviso pubblico centro antiviolenza e casa rifugio, consegnata documentazione in Regione

31 Marzo 2017

Istituzione e gestione di nuovi centri antiviolenza e nuove case rifugio per il sostegno e il supporto a donne, sole o con figli minori, vittime di violenza: il Comune di Viterbo ha inviato questa mattina tutta la documentazione per partecipare all’avviso pubblico emanato recentemente dalla Regione Lazio. Lo comunica l’assessore alle politiche sociali Alessandra Troncarelli, che già lo scorso febbraio aveva fornito dettagli sull’importante procedura in corso. “Viterbo partecipa all’avviso pubblico regionale come comune capofila, insieme agli altri comuni della provincia interessati all’importante progetto, ovvero Acquapendente, Bassano in Teverina, Bassano Romano, Blera, Bomarzo, Canepina, Celleno, Oriolo Romano, Orte, Soriano, Vetralla e Vitorchiano. Nel mese di febbraio – ha spiegato l’assessore – il Comune di Viterbo ha provveduto alla pubblicazione di un avviso per l’individuazione di un organismo con cui associarsi, operante nel settore del sostegno e dell’aiuto alle donne vittime di violenza, interessato a provvedere alla gestione della nuova struttura. A rispondere al nostro avviso è stata l’associazione Erinna, che ha presentato un progetto per entrambe le strutture. Ci siamo già incontrati con le responsabili e con i sindaci dei dodici comuni. Si chiama Penelope il progetto riguardante il centro antiviolenza, struttura che dovrà garantire ascolto, accoglienza, assistenza psicologica, sociale e legale, supporto ai figli minori delle donne ospitate, orientamento al lavoro attraverso i servizi sociali e i centri per l’impiego, nonché l’orientamento all’autonomia abitativa. Si chiama invece Fenice il progetto  riguardante la casa rifugio, ovvero una struttura di civile abitazione, con locali idonei a garantire un alloggio e beni primari per la vita quotidiana delle donne ospitate, un servizio di accoglienza, e, anche in questo caso, assistenza psicologica, sociale e legale. La casa rifugio dovrà raccordarsi con i centri antiviolenza e con tutti gli altri servizi sul territorio, in modo da fornire un adeguato supporto alle vittime di violenza. La struttura dovrà operare in modo integrato con la rete dei servizi socio sanitari e assistenziali del territorio, dovrà garantire protezione, ospitalità, e servizi educativi ai figli minori delle donne ospitate. Ogni comune aderente al progetto – ha spiegato ancora l’assessore Troncarelli, riferendosi al centro antiviolenza – attiverà e metterà a disposizione uno sportello di ascolto. Ci sarà quindi un ufficio itinerante, o meglio, una rete territoriale di ascolto, possibile grazie ai dodici comuni che si sono uniti a Viterbo. Un modo capillare per coprire i vari servizi, fornire azioni mirate e personalizzate alle varie situazioni che si verificheranno, e agevolare il recupero e il rafforzamento dell’autonomia della donna in difficoltà e dei propri figli, sia nel caso di violenze già avvenute o anche solo in caso di rischio. Per questo mi sento di ringraziare i sindaci che hanno dato la loro adesione e si sono uniti al Comune di Viterbo per partecipare a questo importante avviso pubblico regionale, e soprattutto l’associazione Erinna che ha risposto al nostro avviso pubblico, proponendo due progetti meritevoli di attenzione e considerazione per quanto riguarda la gestione delle due strutture”. Quanto alle tempistiche, l’assessore Troncarelli aggiunge: “I termini di presentazione della domande in Regione scadono domani 31 marzo. Una volta valutati tutti i progetti, la Regione Lazio dovrà scegliere quelli finanziabili. In caso di approvazione dei nostri, si procederà, entro trenta giorni dalla stessa approvazione, con la costituzione di un’associazione temporanea di scopo (ATS). Il finanziamento regionale sarà di circa 66 mila euro per quanto riguarda la realizzazione di un centro antiviolenza, 170mila euro quello riguardante la casa rifugio. Ci auguriamo che la nostre proposte vadano a buon fine. Tante donne hanno necessità di aiuto, per ricostruire la propria vita e la propria dignità e, in molti casi, anche per tutelare i propri figli”.

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