Introduzione storica
7 Luglio 2020
Il più antico Statuto di Viterbo porta la data 1251. A quell’anno, infatti, risale la prima raccolta scritta in cui vennero inserite in un corpus organico le norme e consuetudini secondo le quali si era fino ad allora governata la città, che da oltre un secolo e mezzo si era data struttura ed ordinamento di libero Comune. La seconda metà del Duecento dà inizio ad un periodo importante della storia di Viterbo. La città, sviluppatasi da un nucleo primitivo – tradizionalmente noto come Castello di Ercole ed ubicato ove poi sono sorti la Cattedrale ed il Palazzo dei Papi – tra l’XI ed il XII secolo aveva cominciato ad imporsi sui centri vicini, finendo per stabilire la propria supremazia sul territorio. Due tappe fondamentali della sua politica egemonica sono la distruzione del borgo di San Valentino (1037), ostacolo all’esercizio di un più diretto controllo sulla Cassia, e della città di Ferento (1172), che costituiva una costante minaccia per la sua sicurezza. Nel quadro della rivalità fra Papato ed Impero, dopo una prima fase di alleanza con gli Svevi (Barbarossa ed Enrico VI), la decisa prevalenza del partito guelfo orientò il Comune viterbese verso una politica di costante alleanza con il Papato. Nel 1207 la città fu scelta da Innocenzo III come sede per l’assemblea in cui, alla presenza di tutti i capi dei territori soggetti alla Chiesa, riuniti nella Cattedrale, furono gettate le basi giuridiche dello Stato Pontificio. Nel 1243, Viterbo sopportò vittoriosamente un memorabile assedio da parte dell’esercito imperiale, mentre, quattro anni dopo, venne per breve tempo occupata dalle soldatesche di un figlio di Federico 11, Federico d’Antiochia. Furono anni drammatici, cui pose fine, nel 1250, la morte dell’imperatore. La redazione del primo Statuto si colloca proprio nel momento in cui la città si sta riprendendo da questa difficile fase della sua storia, e si avvia a divenire, per alcuni decenni, il luogo prescelto da alcuni pontefici come propria residenza. Per ospitarli sorge ad iniziativa di Raniero Gatti – Capitano del Popolo e leader della fazione guelfa – il severo Palazzo dei Papi, ed anche i magistrati cittadini sentono la necessità di dare una più degna sede alla loro attività di governo, e fanno erigere i due fabbricati ai lati della piazza cui, due secoli dopo, farà da splendido sfondo la facciata del Palazzo dei Priori. Nel testo del primo Statuto viterbese i princìpi giuridici basilari, la cui prima origine può essere individuata nelle civiltà anticamente fiorite sul territorio, confluiscono e si fondono con una serie di norme, adottate nel primo Medioevo per regolare la vita dei vici o pagi costituitisi nella zona e rimaste vive nella tradizione orale. Tutta la materia è suddivisa in quattro sezioni, che si occupano rispettivamente dell’organizzazione degli uffici pubblici (Officia), delle norme relative al diritto ed alla procedura civile (Pars civilium), delle disposizioni straordinarie (Extraordinaria) e della regolamentazione del diritto penale (Maleficia). Negli ultimi decenni del Duecento si concluse per Viterbo la fase più felice della sua storia. Prima le conseguenze di un interdetto scagliato nel 1281 sulla città da Martino IV, poi la crisi che travagliò il Papato per un secolo e mezzo, dal periodo avignonese allo Scisma d’Occidente, ridussero la città, che per un ventennio aveva coltivato il sogno di diventare sede papale, al più modesto rango di cittadina di provincia, la cui vita, tranquilla ed un po’ sonnolenta, fu a tratti turbata, fino ai primi decenni del ‘500, dalle sanguinose lotte tra le famiglie aristocratiche, la cui rivalità sembrava rinnovare le contese per il potere che, nel Medioevo, avevano opposto i guelfi ai ghibellini. Nel contesto di una struttura statale sempre più accentrata, la città mantenne il suo ruolo privilegiato nel territorio, assumendo la funzione di capoluogo della provincia del Patrimonio di San Pietro in Tuscia. L’insieme delle norme legislative raccolte nello Statuto del 1251 continuò a guidare l’attività delle magistrature cittadine anche quando l’indipendenza del Comune medievale non era orinai rimasta che un pallido ricordo, ed il rigido controllo esercitato dal potere centrale aveva da tempo ridotto gli amministratori locali alla funzione di obbedienti esecutori degli ordini provenienti dall’alto. Uno storico del Settecento, Feliciano Bussi, ricorda che lo Statuto ricevette conferma ed approvazione da parte di molti pontefici, tra i quali cita Pio 11, Paolo Il ed Innocenzo VIII. Tra le varie trasformazioni e modifiche operate in epoche diverse nelle sue varie parti, per meglio adeguarlo alle esigenze volta a volta mutate, va particolarmente ricordata la redazione del 1469. L’attuale Statuto del Comune di Viterbo si pone come interprete e guida dei vari aspetti della realtà attuale, e pertanto la sua fisionomia – anche per i diversi limiti delle sue competenze – è del tutto diversa da quella dell’analogo documento che regolava la vita cittadina più di sette secoli or sono. Va, tuttavia, visto come il suo ideale continuatore, così come i viterbesi di oggi si vantano di essere i legittimi discendenti di quelli che ospitarono imperatori e pontefici e che combatterono contro avversari interni ed esterni per l’affermazione dei propri ideali ed in difesa della libertà.